UA-61445091-1

venerdì 29 maggio 2015

COHOUSING E WELFARE COMUNITARIO PER GENERARE BENESSERE SOCIALE



di Alessandro Rosina - 10 aprile 2015 - in ulteriori temi demografici pubblicato su LA REPUBBLICA

Casa e lavoro sono da sempre, ma ancor più oggi, le preoccupazioni principali dei giovani italiani. Su entrambi tali obiettivi sono tramontate le certezze che hanno caratterizzato il percorso di entrata nella vita adulta dei loro genitori.  
Attraverso il lavoro fisso e l’acquisto di una propria casa venivano poste solide basi attorno a cui costruire la propria vita. Completava il quadro un welfare pubblico ancora generoso e in grado di rispondere a gran parte delle esigenze di protezione sociale. L’Italia cresceva più di oggi e per allargare ancor più la coperta si poteva espandere il debito pubblico. Ora quel mondo non esiste più. Per un po’ si è provato a far finta esistesse ancora, ma con l’entrata nel nuovo secolo la discrasia con la realtà è diventata sempre più evidente. Non è stata tanto la crisi a dare il colpo definitivo, ma la sua durata. Solo infatti con l’entrata nella seconda decade del XXI secolo possiamo dire che l’Italia è uscita dal Novecento, senza però avere ancora ben chiaro dove andare e come arrivarci.
Quello immobiliare è uno dei settori che maggiormente hanno risentito di questo contraccolpo e che più profondamente uscirà trasformato alla fine di questo decennio. Gli ultimi dati dell’Istat mostrano come i prezzi delle case abbiamo subito un sensibile calo dal 2010 ad oggi. Questo produce due implicazioni. La prima, quella che ha destato la preoccupazione della gran parte degli esperti e dei commentatori, è la corrispondente riduzione della ricchezza privata degli italiani adulti e anziani, che nel mattone avevano riversato gran parte dei propri risparmi e investimenti. La seconda conseguenza, invece positiva, è la possibilità per i giovani di poter accedere al bene casa a costi più ragionevoli.
La domanda di abitazione sta in ogni caso subendo rilevanti mutamenti. La popolazione italiana nel 2014 si è fermata, ma al suo interno ci sono almeno due componenti che continueranno quantitativamente a crescere: gli anziani e gli immigrati. Ma l’abitare è destinato sempre più anche a rispondere ai cambiamenti qualitativi che investono i modi in cui si formano e ricombinano le famiglie e in cui vengono riplasmate le varie fasi della vita. La stessa persona in momenti diversi della propria esistenza può avere diverse esigenze di spazi, relazioni e servizi. Queste trasformazioni pongono due diverse sfide all’housing: da un lato essere più flessibilmente adattabile a varie soluzioni e al mutare delle condizioni di vita, dall’altro contribuire a smorzare l’emergere di nuove insicurezze e vulnerabilità.
La realtà che vivono le persone nelle società moderne avanzate è infatti sempre più dinamica, frammentata ed eterogenea, quindi anche sempre meno prevedibile e pianificabile in modo standard. Le politiche dell’abitare più che preordinare soluzioni devono allora mettere i cittadini nelle condizioni di avere meno vincoli ed essere incentivati a fare scelte virtuose di costruzione del percorso di vita e di inclusione sociale. Cohousing e welfare comunitario vanno entrambi in questa direzione e, non a caso, è proprio nella combinazione tra queste due modalità di promuovere attivamente il vivere bene assieme che si stanno realizzando le esperienze più interessanti sul modo di produrre benessere sociale nel XXI secolo.

Nessun commento:

Posta un commento