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domenica 7 giugno 2015

SONO NATA NELLA "CORTE DEI FARINA" - Desio



Sono nata nella “corte dei Farina” nel 1958. Un agglomerato di umanità densa di saggezza.  La mia prima scuola di vita. Il trasferimento in una casa più grande e lussuosa ha in fondo tracciato la mia trasformazione in una bambina dal carattere timido, ombroso e malinconico.  La vita in cortile era per definizione comunitaria, un mondo fragile e complesso, claustrofobico o appagante: dipende dallo sguardo.  Si può pensare ad esso come a un retaggio del passato, a volte amato, a volte subito, ma dopo aver sperimentato i limiti del nostro vivere quotidiano così asettico e solitario, si può cambiare prospettiva , leggendo nel mondo di ieri i segni del domani.

Nel  cortile, fuori dalle case, si diventava grandi, si imparava a “comportarsi” e a rispettare i tabù  imposti dal mondo degli adulti, si esploravano luoghi  e si sperimentavano i sentimenti sapendo di essere accolti e tutelati. Non si era mai soli, nessuna porta era chiusa. Potevi confrontarti e giocare con una moltitudine di bambini di ogni età,  guardare la calata della notte nelle tiepide serate estive con i vecchi e incantarti ai loro racconti e alle loro leggende: una misura di umanità e di calore che mi porto dentro.   Ricordo ancora con un misto di paura e di fiero orgoglio la piccola scala buia e traballante che portava all’ultimo ballatoio. Vietato a noi bambini e per questo agognato “rito di passaggio”. 

Ricordo il mio sornione  girovagare di casa in casa e la mia voglia (innata?) di libertà.  Ricordo la rossa “sfrusadura” (contrabbandiera?)  che passava di casa in casa con la sua  pesante sporta nera colma di cioccolata, dadi e caffè svizzeri.  Ricordo il biroccino dei gelati e la felicità di noi bambini.  Ricordo le grida dell’ombrellaio e dell’arrotino e il cavallo del  venditore di acciughe e stoccafisso.  Ricordo i lunghi pomeriggi assolati a giocare a mondo,  a palla o ai 4 cantoni.  E  a maestra col  “signor direttore”.   Ricordo le battaglie con le spade di legno  (io, unica bambina!) con l’amico del cuore come compagno.  
Ricordo la complicità con mia nonna - nata in quegli anni - da cui ho appreso dello zio Guido scappato in America e del disertore tenuto nascosto dopo l’8 settembre.

Ma più di ogni altra cosa ricordo lo scorrere della vita scandito dal tempo. Invidio il padroneggiare che le persone avevano  del  tempo.  Il loro lento osservare l’animo umano e i segreti della natura.  Sapevano trarre fuori da essa insegnamenti ed equilibrio che si riflettevano nella vita di tutti i giorni. Sapevano mettere mano a tutto: accomodare una sedia,  alzare un muretto, occuparsi dell’orto e degli animali domestici. Un patrimonio che dovremmo recuperare. 
A.F.

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