…il condominio, il quartiere, la città…
Abitare secondo Heidegger “vuol
dire coltivare e custodire il campo”. L’abitare non coincide semplicemente con
il costruire una casa, con l’erigere un edificio. Il tratto fondamentale
dell’abitare è l’aver cura. L’esistenza e la vita sono da custodire, oltre che
coltivare, proprio perché altre, proprio perché si impongono come altre, come
manifestazioni di un’alterità irriducibile. La vita si configura sempre come
altra si presenta sempre come forma dell’alterità. L’alterità non è solo il
marocchino della porta accanto. L’alterità abita anche il rapporto con i
prossimi, con i conosciuti, con le persone di casa. In tal senso siamo chiamati
a coltivare e custodire l’alterità, ovunque essa si manifesti. L’alterità
riguarda sicuramente lo straniero, ma riguarda anche la propria moglie, il
proprio figlio, la propria figlia e ultimamente se stessi. (Silvano Petrosino –
Pensare il presente – Nuova Editrice Berti).
L’altro, raccontato dal filosofo
Petrosino, costituisce una componente essenziale della scena umana. Non è
possibile farne a meno e non solo perché siamo “costretti” ad incontrarlo, ma
perché costituisce un tratto essenziale dell’esistere dell’uomo. La qualità
della vita risiede nella qualità della coltivazione e della custodia delle
relazioni umane. Non si può sfuggire agli altri senza scappare da se stessi.
Si potrebbe osservare che siamo
nel campo della filosofia pura, se non fosse che tale scienza cerca di
rivelarci quello che realmente siamo e cosa potremmo fare per elevare il senso
del ben-vivere.
A noi, la fantasia, la
creatività, la capacità di attuarlo nella quotidianità della scena umana, della
nostra città, dei nostri quartieri e perché no dei nostri condomini.
Cosa possiamo fare insieme per rendere la convivenza condominiale uno
spazio conviviale e felice? Cosa ne pensate?
Vogliamo aprire uno spazio, un
laboratorio. Ci piacerebbe immaginare lo spazio di discussione, come un luogo
positivo e propositivo. Sono tanti i motivi per lamentarci dei nostri guai
quotidiani, dei problemi relazionali, della qualità della vita. Abbiamo,
tuttavia, bisogno di immaginare che possa esistere qualcosa di diverso, di
nuovo. Qualcosa in grado di generare speranza. Qualcosa che dipende
esclusivamente da noi, per cui nessun altro possa aiutarci se non noi stessi. Qualcosa
per cui valga la pena lavorare insieme per “coltivare e custodire” la qualità
della vita.
Parliamone!
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