Dimenticate
i guerriglia restaurant, temporanei, itineranti, uderground. Al limite della
clandestinità. Oggi le cene in casa sono una delle tante facce della sharing
economy: si condivide cibo genuino fra perfetti sconosciuti, contribuendo alla
spesa. Tutto alla luce del sole. Il contatto si stabilisce sul web: su una
delle tante piattaforme social si seleziona l’evento, si prenota e si paga.
Oppure si riserva un posto direttamente sul sito (o sul profilo facebook) dell’home
restaurant preferito. Esperienza imperdibile per i turisti desiderosi di
scoprire dal vivo gusti e abitudini delle città che li ospitano, è ormai anche
per i residenti l’ultima frontiera del social eating.
Presto anche
su Airbnb
Il fenomeno
è in espansione: sul portale Airbnb, dove i privati di 192 paesi possono
affittare o subaffittare a chi è in viaggio la propria casa (o spazi extra) per
brevi periodi, sarà presto attivo anche il servizio di home restaurant: si sta
sperimentando in California. Ma in Italia e in Europa è già boom.
Tradizionale,
etnico, creativo: il ristorante è in casa
Michele
Ruschioni è un giornalista. Ha lasciato le cronache politiche di Libero per
accogliere ai fornelli amici e avventori nella sua abitazione romana (zona
Porta Pia) tra una libreria, qualche natura morta e un tavolo per 12
commensali, condendo la serata, due volte alla settimana, con aneddoti
gastronomici in perfetto stile romanesco. Lo affianca la sua compagna Daniela
Chiappetti, stessa passione per la cucina, che spazia dalle tradizioni della
Roma papalina a quelle armene. In meno di un anno il loro home restaurant è fra
i più richiesti della città.
Luca ed Elle ricevono in casa a Como, deliziando gli ospiti con specialità Thai, dai ravioli ripieni di gamberi al riso fritto, pollo avvolto in foglie di pandan, fish soup, insalata di papaya.
Per partecipare a una cena nel loft milanese di Melissa e Lele si prenota su Ma’ Hidden Kitcken Supper Club (max 10 persone). Lista d’attesa lunghissima. Spesso ai fornelli c’è lo chef Andrea Sposini che organizza per gli ospiti anche market tour e lezioni di cucina. Fra i piatti in menù filetto di maiale bardato al vino rosso, spinaci e peperoni al forno, miniburger di trota con asparagi e pomodoro fritto, mousse di fondente al tabacco toscano Kentucky.
Qui come altrove vale la regola del Byo, bring your own: da bere lo portate voi.
Luca ed Elle ricevono in casa a Como, deliziando gli ospiti con specialità Thai, dai ravioli ripieni di gamberi al riso fritto, pollo avvolto in foglie di pandan, fish soup, insalata di papaya.
Per partecipare a una cena nel loft milanese di Melissa e Lele si prenota su Ma’ Hidden Kitcken Supper Club (max 10 persone). Lista d’attesa lunghissima. Spesso ai fornelli c’è lo chef Andrea Sposini che organizza per gli ospiti anche market tour e lezioni di cucina. Fra i piatti in menù filetto di maiale bardato al vino rosso, spinaci e peperoni al forno, miniburger di trota con asparagi e pomodoro fritto, mousse di fondente al tabacco toscano Kentucky.
Qui come altrove vale la regola del Byo, bring your own: da bere lo portate voi.
Tante
community per promuovere cene social fra sconosciuti
La
piattaforma social di riferimento per una serata alternativa fra le mura
domestiche della Capitale è Ceneromane, dedicata ai viaggiatori e residenti in
cerca di avventure gastronomiche in location di grande effetto. I padroni di
casa affiliati sono una quarantina. Si tratta di un progetto autofinanziato,
lanciato nel 2012. Da un anno è entrato in un programma di accelerazione di
Sellalab (Banca Sella). La piattaforma gestisce direttamente i flussi di
pagamento, incassando e girando ai padroni di casa la quota di competenza al
netto di una trattenuta del 15% e delle spese di transazione. Il costo medio di
una cena è di 40 euro.
Le Cesarine di Bologna hanno messo in pratica il progetto Home Food patrocinato dal ministero delle Politiche agricole, in collaborazione con l’Università, per valorizzare e diffondere la cultura del cibo tradizionale, del prodotto tipico e del territorio. L’iniziativa copre oggi l’Italia intera.
Gnammo.com (nata nel 2012 dalla fusione delle start up Cookous e Cookhunter, con sede a Torino e a Bari) è la più grande community italiana: è diffusa in 124 città dove ha arruolato 1.055 cuochi e realizzato 500 eventi social. Sul sito sono segnalati brunch da 10 euro fino a cene-spettacolo da 40. Ma anche menù indiani, messicani, vintage, come la serata a tema Grande Gatsby organizzata da Paolo nel loft all’interno dell’ex Richard Ginori a Milano. Menù a buffet con Waldorf salad, tacchino fritto freddo con salsa Worchester , Al Capone meatballs, pollo, mango e noci caramellate, brownies al cioccolato con prugne e Armagnac.
New Gusto è un progetto abruzzese e si rivolge soprattutto ai turisti per favorire scambi culturali attraverso il cibo. KitchenParty.Org è una comunità di “persone aperte e curiose che condividono la propria passione per la cucina e la buona tavola incontrandosi a casa e nei locali per conoscere ogni volta nuovi amici”. Per gli aspiranti chef, il motto è: “Il migliore ristorante è la tua cucina”. Peoplecooks si rivolge principalmente a studenti e a lavoratori fuorisede, turisti low cost e persone con difficoltà economiche: il pasto non supera i 6 euro.
Quelle di Soulfood (programma multidisciplinare nato da un’idea di Don Pasta – gastrofilosofo militante – e realizzato con Terreni Fertili, associazione impegnata per una nuova e sostenibile mobilità) sono cene carbonare che prevedono incursioni nelle abitazioni private di cuochi per caso, per sfizio, per una volta e mai più. Occasioni per “diffondere i concetti di sostenibilità, ecocompatibilità, cibo come mezzo di socializzazione ed integrazione, qualità della vita, resistenza”. Spesso con il coinvolgimento di Rural Hub, scuola di condivisione per progetti di social innovation applicati alla terra. Sensibili anche gli intellettuali: Stefano Benni a Roma ha letto dal vivo “Il bar sotto il mare” in un’autofficina su via Palmiro Togliatti, tra pittole pugliesi, alici fritte, polentina con totani e piselli.
Le Cesarine di Bologna hanno messo in pratica il progetto Home Food patrocinato dal ministero delle Politiche agricole, in collaborazione con l’Università, per valorizzare e diffondere la cultura del cibo tradizionale, del prodotto tipico e del territorio. L’iniziativa copre oggi l’Italia intera.
Gnammo.com (nata nel 2012 dalla fusione delle start up Cookous e Cookhunter, con sede a Torino e a Bari) è la più grande community italiana: è diffusa in 124 città dove ha arruolato 1.055 cuochi e realizzato 500 eventi social. Sul sito sono segnalati brunch da 10 euro fino a cene-spettacolo da 40. Ma anche menù indiani, messicani, vintage, come la serata a tema Grande Gatsby organizzata da Paolo nel loft all’interno dell’ex Richard Ginori a Milano. Menù a buffet con Waldorf salad, tacchino fritto freddo con salsa Worchester , Al Capone meatballs, pollo, mango e noci caramellate, brownies al cioccolato con prugne e Armagnac.
New Gusto è un progetto abruzzese e si rivolge soprattutto ai turisti per favorire scambi culturali attraverso il cibo. KitchenParty.Org è una comunità di “persone aperte e curiose che condividono la propria passione per la cucina e la buona tavola incontrandosi a casa e nei locali per conoscere ogni volta nuovi amici”. Per gli aspiranti chef, il motto è: “Il migliore ristorante è la tua cucina”. Peoplecooks si rivolge principalmente a studenti e a lavoratori fuorisede, turisti low cost e persone con difficoltà economiche: il pasto non supera i 6 euro.
Quelle di Soulfood (programma multidisciplinare nato da un’idea di Don Pasta – gastrofilosofo militante – e realizzato con Terreni Fertili, associazione impegnata per una nuova e sostenibile mobilità) sono cene carbonare che prevedono incursioni nelle abitazioni private di cuochi per caso, per sfizio, per una volta e mai più. Occasioni per “diffondere i concetti di sostenibilità, ecocompatibilità, cibo come mezzo di socializzazione ed integrazione, qualità della vita, resistenza”. Spesso con il coinvolgimento di Rural Hub, scuola di condivisione per progetti di social innovation applicati alla terra. Sensibili anche gli intellettuali: Stefano Benni a Roma ha letto dal vivo “Il bar sotto il mare” in un’autofficina su via Palmiro Togliatti, tra pittole pugliesi, alici fritte, polentina con totani e piselli.
Casa
Maestoso, a New York lo chef cucina in appartamento
Eatwith
(Techcrunch incubated) è invece un player internazionale che ha una piccola
quota di mercato in Italia. E’ da lì che è partito Marco Maestoso, chef professionista
a New York: dopo aver lavorato nelle cucine del Cipriani di Wall Street e del
Sirio, ristorante del Pierre Hotel, oggi cucina nel suo studio a Manhattan, un
monolocale di 50 mq con giardino, reinterpretando i classici della cucina
italiana (e non solo). Lo affianca Dalila Ercolani, la compagna con cui divide
l’appartamento: in meno di un anno hanno ricevuto 1.200 ospiti (selezionati da
diverse piattaforme), che hanno gustato brasato al barolo e salsa ai funghi,
ragù alla bolognese con fettuccine al cioccolato, tiramisù salato al nero di
seppia e salmone. Le Majestic meatballs sono diventate un must della sua cucina
“italiana con twist”.
A Londra il
primo esperimento underground
Ma la
pioniera dei Supper Club in Europa è MsMarmiteLover, ovvero Kerstin Rodgers,
raffinata fotografa, che a Londra nel 2009 lanciò il suo ristorante casalingo,
invitando gli ospiti a prenotare sul suo sito che oggi è al 29° posto
nell’elenco dei migliori blog del Regno Unito. Segreta la data e l’indirizzo:
all’inizio era un’esperienza clandestina. Ora un evento gastronomico in piena
regola. L’ultimo, qualche giorno fa, è stato una tea party dedicato al miele
con baklava, madeleine, pasticcini fatti in casa, torte salata: 50 sterline la
quota di partecipazione, comprese una conferenza sull’apicoltura e una copia
con dedica del suo ultimo libro Secret tea party.
Home
Restaurant, le regole da seguire
Vi è venuta
voglia di provare? Ecco cosa c’è da sapere. Se tutto si svolge tra le mura
domestiche, la pratica del Supper club non costituisce attività commerciale. E
non serve autorizzazione sanitaria, anche se è preferibile munirsi di un
attestato sulla sicurezza alimentare. Relativamente all’aspetto fiscale, è
possibile svolgere attività lavorativa occasionale, senza partita Iva, fino ad
un massimo lordo di 5.000 euro annui, soglia di esenzione dall’obbligo
contributivo. In caso di superamento dell’importo sarà sufficiente aprire una
Partita Iva. Sul reddito generato, non superiore ai 30.000 euro annui, è
previsto il regime agevolato dei minimi.
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